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💡 Non vale solo il 10

Premessa: ispirato alla mia storia 😉


C’è chi è abituato a sentire il proprio valore solo con un 10 pieno, chi guarda con sospetto un 8,5 come se fosse un fallimento personale, e chi, pur avendo fatto un ottimo lavoro, dice: “Sì, ma potevo fare di meglio.” E chi è tutte e tre queste situazioni insieme...


Ecco, a tutte queste persone — e, diciamocelo, anche a quella vocina interiore che ci accompagna un po’ tutti — questo articolo è dedicato.



🎯 Il mito della perfezione


Viviamo in una società che ama le classifiche, i punteggi, le performance da urlo. Siamo cresciuti, ed alcuni educati, con il concetto che solo il massimo voto, il progetto impeccabile, la presentazione perfetta valgano davvero.

Ma la verità è che la perfezione è una trappola. È un obiettivo che si sposta ogni volta che pensiamo di averlo raggiunto.

La psicologia ce lo dice chiaro: puntare costantemente al massimo livello di performance può trasformarsi in perfezionismo disfunzionale, cioè in quella tendenza a sentirsi inadeguati anche quando si è oggettivamente competenti.


E sai qual è l’effetto collaterale più comune?

L’autosvalutazione cronica: quel fastidioso senso di “non essere mai abbastanza” che ci accompagna anche quando il resto del mondo ci applaude.



🧠 Dal banco di scuola all’ufficio open space


Il problema è che questo schema mentale ci segue ovunque: non resta confinato ai voti scolastici, ma ci accompagna nella vita e anche nel mondo del lavoro.

Quante volte hai pensato:


> “Sì, la mia presentazione è andata bene, ma avrei potuto dire di più.”

“Ho preso quel cliente, ma il mio collega ne ha presi due.”


Benvenut* nel club di chi non si concede di essere bravo, ma solo di essere perfetto.

In psicologia del lavoro, questa tendenza è molto studiata. Si lega al concetto di auto-efficacia percepita: la fiducia che abbiamo nelle nostre capacità di raggiungere un obiettivo.

Chi crede solo nel “10” finisce spesso per non riconoscere i propri progressi, e questo mina la motivazione.


È come correre una maratona senza mai guardare quanto hai già percorso, fissando solo il traguardo lontano.

Stancante, vero?



🌱 La rivoluzione del “va bene così”


Imparare a dire “ho fatto un buon lavoro” anche se non è perfetto, è un atto di intelligenza emotiva.

Significa riconoscere il proprio valore senza cercare conferme esterne, e soprattutto imparare a misurare il successo non solo in base al risultato, ma anche al percorso.


Per citare un'amica, è un invito alla bellezza della mediocrità!

È un invito a riconoscere i propri 7, 8 e 9 come tappe reali di crescita.

Perché ogni passo avanti, ogni piccolo progresso, ogni tentativo che ci fa uscire dalla zona di comfort vale più di mille “10” perfetti ma sterili.



✨ In conclusione

Un 8 sereno batte un 10 ansioso.

Il 7 di oggi — con tutte le sue imperfezioni — potrebbe essere la base del 10 di domani.


Non vale solo il 10.

Vale l’impegno, la crescita, l’autenticità.

Vale riconoscersi capaci, anche senza la medaglia d’oro.

Perché la vera maturità, nella vita come nel lavoro, sta nel sapere che il valore personale non si misura con un numero, ma con la capacità di continuare a imparare, a provarci, a crederci.

E se ti capita di pensare “potevo fare di meglio”, prova a rispondere:


“Certo, ma oggi ho fatto il meglio che potevo. E questo basta.”


E allora, la prossima volta che non prendi “il massimo”, festeggia lo stesso:

Hai scelto te, e non il voto. 🩵


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